Situata a nord di Agrigento, in agro di Aragona, dal cui centro abitato dista solo quattro chilometri, l’area protetta presenta le morfologie tipiche dell’entroterra agrigentino.

Prevalgono infatti le forme più o meno rotondeggianti, caratterizzate da depositi plastici di natura argillo-marnosa, solcate da una fitta rete di solchi vallivi, percorsi temporaneamente da acque derivanti da precipitazioni concentrate nei mesi autunnali ed invernali. I modesti temporali primaverili, l’assoluta aridità estiva e lo scarso assorbimento da parte dei terreni praticamente impermeabili, influiscono in modo determinante sulla vegetazione costituita essenzialmente da piante erbacee.

In questo contesto generale spicca con notevole suggestione una landa circolare, ricoperta di marne cineree e crepe dalla cui superficie si elevano, quasi a ricordare un paesaggio lunare, piccoli coni di fango, dai quali fuoriescono rivoli di fango argilloso: le Macalube di Aragona.

La riserva tutela un raro fenomeno geologico definito “vulcanesimo sedimentario”, per le analogie morfologiche con le manifestazioni vulcaniche: esso rientra nelle manifestazioni petrolifere superficiali di tipo gassoso.

Tale fenomeno si manifesta soltanto se il gas è sottoposto ad una certa pressione ed è in relazione con argille non consolidate intercalate in livelli di acqua salata. È necessaria inoltre la presenza di particolari condizioni tettoniche che possono essere determinate da pieghe, faglie, strutture diapiriche, ecc..

Il gas per effetto della pressione sfugge attraverso le discontinuità presenti nella formazione terrigena, trascinando con sé sedimenti argillosi ed acqua. Il materiale viene deposto in superficie dove dà luogo ad un cono dalla cui sommità, attraverso un cratere, fuoriesce gas misto a fango. Talvolta le eruzioni sono violente ed accompagnate da forti boati, in questi casi il fango viene scagliato a notevole altezza e la superficie della collina viene completamente stravolta.

 

LA FLORA & LA FAUNA

L’area di riserva è caratterizzata da un clima mediterraneo, con marcati contrasti stagionali; gli inverni sono miti con rare gelate, mentre le estati sono calde e secche. Il periodo di siccità può durare oltre tre mesi, influendo notevolmente sulla vita delle piante. Molte di esse crescono durante i mesi più freschi, mentre nel pieno dell’estate la maggior parte delle specie vegetali muore o entra in fase quiescente.

La vegetazione presente sulle alture e lungo i valloni, è costituita prevalentemente da piante erbacee, selezionate a vivere in un habitat caratterizzato dalle peculiarità geologiche, da una elevata salinità e dalla scarsa piovosità; queste particolari condizioni hanno determinato la presenza di un numero cospicuo di endemismi come l’Aster sorrentinii e la Lavatera agrigentina. La formazione vegetale tipica è la gariga-steppa formata dallo Sparto steppico e dalla Salsola agrigentina. In primavera si può osservare una variopinta fioritura, delle orchidee alle specie più comuni.

Per quanto riguarda la fauna la natura del fenomeno ed il materiale eruttato nel corso dei secoli ha dato origine ad un ampia zona in continuo lento movimento, caratterizzata da bizzarre morfologie e da piccole aree depresse che ospitano suggestive pozze d’acqua, classificabili come stagni temporanei mediterranei, ritenuti siti di valenza comunitaria. Questi piccoli ambienti umidi, più o meno sussistenti nel corso della stagione estiva, rappresentano siti di importanza cruciale per lo sviluppo della fauna entomologica, per la riproduzione della Rana verde e del Discoglosso dipinto (specie endemica); favoriscono la presenza dei rettili come la Lucertola siciliana, il Gongilo, il Saettone, il Biacco ecc..

Gli specchi d’acqua, territorio di caccia di numerose specie di rapaci e e zona di sosta per gli uccelli durante i periodi di migrazione, sono inoltre aree di elevato interesse ai fini della diversificazione della flora: ospitano un gran numero di idrofite come la Tamerice maggiore e la Gramigna delle spiagge.

 

LA STORIA E IL MITO

All’elevata valenza naturalistica le Macalube associano un importante interesse culturale. L’occhiu di Macalubi (appellativo locale che deriva dalla forma circolare della collina e dal colore biancastro che ha per gran parte dell’anno) ha da sempre suscitato l’attenzione della comunità scientifica ed un profondo fascino nei viaggiatori stranieri venuti in sicilia: le più antiche testimonianze sul fenomeno vengono fatte risalire al filosofo greco Platone; Guy De Maupassant vedeva i vulcanelli come delle pustole di una terribile malattia della natura (1885).

Molte sono le leggende nate dalla fantasia popolare intorno al fenomeno: si racconta che un tempo una città sorgesse là dove ora scruta l’Occhiu di Macalubi, e che un giorno, a causa di un offesa fatta alla divinità dimorante nella collina, la città fosse stata spinta nelle viscere della terra, lasciando in superficie una landa desolata cosparsa di piccoli coni rigurgitanti fango.

Oggi le macalube vengono ricondotte alla realtà del fenomeno naturale di cui sono la manifestazione.

 

Come arrivare

Per accedere alla riserva è necessario raggiungere il centro abitato di Aragona (Km 56 della S.S. 189 Agrigento – Palermo) e seguire le indicazioni.